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domenica 27 ottobre 2013
sabato 2 febbraio 2013
incubo sulla città contaminata
Ok, non è il miglior film di Umberto Lenzi (Milano odia: la polizia non può sparare, Spasmo, Gatti rossi in un labirinto di vetro, Il giustiziere sfida la città, Il trucido e lo sbirro, La banda del gobbo, Mangiati vivi!, Cannibal ferox).
Va bene, non è neanche un film perfetto, ma parlando di fascino ne ha da vendere.
Cronologia zombesca: Nel 1968, George Andrew Romero porta sugli schermi il famosissimo Night of the living dead (La notte dei morti viventi). Nella storia del cinema si è parlato di zombie (quelli veri) da sempre, ma Romero con il suo film li trasforma rendendoli leggendari. Il successo cinematografico è totale e sorprendente, tanto da influenzare completamente il cinema di genere. Da quel momento in poi gli zombie sono solo quelli di Romero.
Il film ebbe così tanto successo e così poco rientro economico nei riguardi della troupe (anche per via di certi errori del distributore che resero il film di pubblico dominio) che lo stesso Romero, per sdebitarsi con loro, realizzò un remake praticamente uguale nel 1990. Romero lo produsse, lo sceneggiò e rimase sul set per tutto il tempo, ma la regia venne firmata da Tom Savini, il maestro degli effetti speciali.
Per lungo tempo, dunque, gli zombie sono rimasti sempre gli stessi. Nel 1978 venne pubblicato anche Down of the dead (il sequel dello stesso Romero) tradotto in Italia con il titolo Zombie, versione pesantemente ritoccata da Dario Argento che introdusse anche alcuni brani dei Goblin.
In quegli anni furono tantissime le pellicole sugli zombie, e tutte si rifacevano fedelmente a quel morti viventi, ma non Lenzi.
Nel 1980, infatti, firma il suo Incubo sulla città contaminata e i suoi mostri non sono zombie, ma uomini contaminati da un virus che li trasforma in mostri succhia sangue. La pellicola piace e diventa subito un cult. Non solo, i mostri entrano di diritto nel filone degli zombie rendendoli, però, moderni.
Nonostante tutte le pellicole sui morti viventi, Lenzi, in realtà, si ispirò a un altro film che con loro non aveva nulla (o quasi) da spartire. Il maestro si rifà infatti a La città verrà distrutta all'alba (sempre di Romero), dove un virus creato in ambiente militare infetta le persone, ma poco conta. Quelli di Lenzi vengono considerati zombie a tutti gli effetti. Zombie con caratteristiche innovative, tra l'altro. Innovazioni che verranno riprese solo negli anni 2000, come vedremo. I suoi zombie corrono rendendosi più pericolosi e letali.
Nel 2002 Danny Boyle (Piccoli omicidi tra amici, Trainspotting) firma 28 giorni dopo ed è chiara l'influenza del film di Umberto lenzi. Nel 2004, invece, Zack Snyder (300, Watchmen, L'uomo d'acciaio) firma il remake di Down of the dead (Zombie), dove gli zombie sono velocissimi e in pochissimo tempo invadono tutto il mondo.
Quindi, non sarà il miglior film di Umberto Lenzi, ma grazie a lui gli zombie si sono evoluti. Lo stesso Tarantino, lo considera una specie di capolavoro e Rodriguez lo ha saccheggiato (questo e anche La città verrà distrutta all'alba) per costruire il suo Planet Terror, l'altro capitolo (insieme a Death Proof) di Grindhouse.
Il film comincia con il giornalista televisivo, Dean Miller, che viene inviato all'aeroporto per intervistare uno scienziato di fama mondiale che sta per atterrare. Lui vi si reca con un cameraman, ma non lo vediamo pienamente sereno. Si guarda attorno e sembra quasi spaesato. La telecamera indugia su alcuni dettagli che ci sembrano di poco conto, un'auto dei vigili del fuoco che avanza nella pista deserta e cose di questo tipo. L'aereo che stanno aspettando non c'è. È in ritardo. Poi arriva, ma la situazione è particolarmente strana. Sembra che non ci siano i piloti, sembra che non ci sia nessuno, all'interno. Poi il portellone si apre e una gamba lentamente sbuca fuori.
Ci sono i militari, le belle donne nude, donne sconosciute che vengono aggredite, spogliate e... morse. Così, per far vedere un po' di tette. C'è tantissimo sangue, ma anche coltelli finti. Tanti. Si notano troppo. Inseguimenti e lotte all'ultimo sangue. La tensione cresce e cresce anche la visionarietà di Lenzi, insieme alla violenza. Mammelle che vengono asportate, occhi che vengono infilzati e sradicati dalle orbite e quant'altro. Tutto il repertorio, fortunatamente. L'invasione è totale e pare proprio che non lasci scampo. Poi il colpo magistrale di Lenzi che chiude il film in un modo che a quei tempi era tutt'altro che scontato o banale. Chapeau.
Incubo sulla città contaminata di Umberto Lenzi
Italia, 1980
con Hugo Stigliz, Laura Trotter, Mel Ferrer
Incubo sulla città contaminata di Umberto Lenzi
Italia, 1980
con Hugo Stigliz, Laura Trotter, Mel Ferrer
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martedì 29 gennaio 2013
la fuga di logan
Questo è un colossal mal riuscito. Per carità, è chiaro che a vederlo oggi può risultare un po' datato, ma il discorso è proprio un altro. Ha avuto un successo clamoroso, in quegli anni (parliamo dei '70) ed ebbe un fottio di nomination agli Oscar e vinse pure come miglior film di fantascienza, migliori effetti speciali e chissà cos'altro, tanto che mi viene il dubbio che spesso basti spendere tanto per avere dei riconoscimenti.
Ci sono pure alcuni attori molto celebri, come il protagonista Michael York (Romeo e Giuliatta di Zeffirelli che lo volle pure nel suo sceneggiato TV Gesù di Nazareth nel ruolo di Giovanni Battista, Cabaret con Liza Minnelli, e la serie di Austin Pawers). La protagonista femminile, invece è Jenny Agutter vista anche nel meraviglioso Un lupo mannaro americano a Londra di Landis, mentre il cattivo è Richard Jordan visto in tanti western, in Dune e Caccia a Ottobre Rosso. La guest invece è il simpaticissimo Peter Ustinov (Quo Vadis, Spartacus e tanti film tratti da Agatha Christie). C'è pure una comparsata di Farrah Fawcett. Nientemeno.
La storia è una bella storia, se la si racconta bene. Nel '67 (nove anni prima, quindi) i due autori dell'omonimo romanzo, infatti, pubblicarono il bellissimo libro di fantascienza con influenze fantasy. George Lucas fu il primo a prendere ispirazione nel suo THX 1138 (L'uomo che fuggì dal futuro), ma sono svariati i film che in modi diversi devono tanto a Logan's Run, tra i quali il favoloso (per me) Zardoz interpretato da Sean Connery.
Così nel 1976 Michael Anderson (Il giro del mondo in ottanta giorni) firma La fuga di Logan che ebbe subito un grande successo, tanto da costringere gli autori del romanzo a scriverne anche un seguito (solo del romanzo, eh?!), tanto da spingere il colosso Marvel Comics a pubblicarne un fumetto a distanza di trent'anni. Insomma, la gallina dalle uova d'oro. Ok. Ma il film? Il film è semplicemente monco. Non è solo diverso, come capita spessissimo nelle trasposizioni cinematografiche di romanzi di successo, ma manca di troppi riferimenti e spiegazioni per essere completo.
E dire che ha ritmo, ottimi spunti, buone soluzioni ecc. Peccato davvero.
Logan 5 è un cacciatore di disertori in una città ovattata e perfetta, ultima rimasta in un pianeta terra deserto. All'interno di questa immensa città ultra tecnologica comandata da un super computer, la popolazione (tutti ragazzi che hanno al massimo 29 anni), vivono in totale relax e dediti ai piaceri più sfrenati. Si capisce immediatamente, comunque, che questi guardiani, i cacciatori, fanno parte di una casta elitaria. Pare comunque che non hanno nessuna agevolazione, rispetto agli altri. Tutti, infatti, al compimento del trentesimo anno di età devono rinnovarsi per rinascere in un nuovo corpo (probabilmente, ma non è dato saperlo), ma è oltremodo evidente che durante il rito di rinnovamento, il computer, uccide tutti i partecipanti. Molti ragazzi, però, rifiutano questa condizione (a quanto pare sono gli unici a capire che ai trenta t'ammazzano) e quindi disertano.
I cacciatori li scovano e li colpiscono con un particolare raggio immobilizzatore che li prepara, anche li (ma non si capisce bene), per essere rinnovati (ancora. Ma se l'hai ammazzato!).
Esiste un'organizzazione segreta che aiuta i disertori a fuggire per farli arrivare in un luogo sicuro chiamato "Il santuario", ma anche questo nel film è una roba buttata li, perché poi... ok, niente spoiler.
Logan 5 è ancora un giovincello, ma (qualcuno mi spieghi anche questa cosa...) il computer gli ordina di fingersi un disertore, costringendolo (visto che gli porta letteralmente via gli ultimi anni di vita facendo per altro capire che non glieli renderà mai) a trovare questo fantomatico Santuario per poi distruggerlo. Da qui comincia l'avventura.
La fuga di Logan di Michael Anderson
USA, 1976
con Michael York, Jenny Agutter, Richard Jordan, Peter Ustinov e Farrah Fawcett
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lunedì 28 gennaio 2013
un mondo maledetto fatto di bambole
Del Regista Michael Campus non so praticamente nulla, pochissime fonti, pochi film diretti (a quanto mi risulta) ma scarso impegno, da parte mia, nel fare una vera e propria ricerca.
Degli attori, invece, si può parlare parecchio. Oliver Reed cominciò appena ventenne e lungo la sua carriera di attore ebbe modo di partecipare a parecchie importanti (e/o belle) pellicole come Il mostro di Londra, L'implaccabile condanna, I diavoli, Tommy e Brood - La covata malefica. Ken Russel (Donne in amore, I diavoli, Tommy, Stati di allucinazione, Valentino, Gothic e altri), lo volle in molti suoi film e questo lo rese popolare. Il suo modo di recitare, molto (troppo) controllato, lo rese un perfetto interprete di un certo tipo di personaggi, come quello di Russ in questa pellicola.
Geraldine Chaplin, invece, è semplicemente la figlia (una di tanti, forse dieci) del leggendario Charlie Chaplin (un Dio del cinema che rende lei una semidea). Ma come se non bastasse, lei è pure molto, molto, brava. Esordì con il padre in Luci della ribalta e partecipò a film del calibro di Il dottor Zivago, I tre moschettieri (proprio con Oliver Reed), Nashville (di Altman) e L'età dell'innocenza (di Scorsese). La sua lunghissima carriera non si è, praticamente, mai interrotta. La sua ultima interpretazione è del 2012. Niente male.
Ma torniamo a questo film di genere fantascientifico made in England.
Z.P.G. (Zero Population Growth - Zero Crescita della popolazione) è uno strano film, a dire il vero. Tradotto in Italia con Un mondo maledetto fatto di bambole (intrigante!), rientra pienamente in quella categoria di titoli costruiti ad hoc in quegli anni. Non solo il titolo, ma anche la trama è perfettamente in linea con la fantascienza che veniva prodotta allora (citazioni orwelliane comprese). Insomma, fossimo stati dei ragazzi a metà degli anni '70, questo sarebbe esattamente il film che ci saremmo aspettati. Ma non è proprio così.
Sin dalle prime battute ci ritroviamo in un modo particolare e cupo. Una nazione altamente inquinata dallo smog e controllata da un governo totalitario. Tutto quel fumo, in realtà, non è altro che uno stratagemma per risparmiare sulla scenografia. A momenti non si vedono neppure i personaggi. Nonostante tutto è un effetto riuscito e contribuisce a rendere ancora più deprimente, un'atmosfera già cupa di suo.
La storia comincia con un diktat preciso e categorico: l'aumento della popolazione è a limite sopportazione. Sono bandite le gravidanze. Nessun essere umano può concepire più un bambino. I bambini nati prima di questa nuova legge, devono essere condotti in una sorta di ufficio anagrafico. Ogni trasgressione verrà punita con la morte di genitori e prole.
La città è assediata da particolari aeromobili in grado di muoversi lentamente al di sopra delle teste dei cittadini. Questi aeromobili fungono anche da altoparlanti da cui una voce snocciola dati statistici e ricorda i regolamenti. La stessa voce petulante è una costante durante tutto il film ed è presente all'interno di ogni struttura della città, tranne nelle abitazioni private, che tutto sommato restano luogo di sicura privacy. Privacy che viene a mancare nell'abitazione dei protagonisti nel momento in cui svolgono il loro lavoro di "attori" mettendo in scena, per la gioia dei visitatori, la vita quotidiana degli anni '70 a Londra. Tutto ciò che era la realtà di quegli anni era diventato oggetto di critica nel futuro raccontato nel film.
La storia, dunque, comincia all'interno di una sorta di centro commerciale dove una fila infinita di giovani coppie attendono il loro turno per acquistare un surrogato meccanico di bambino. Un bambolotto, insomma. Un bambolotto che dice: I love you, mommy. Un incubo. L'insoddisfazione e la frustrazione delle donne è palese, le leggi rigide non permettono nessun colpo di testa. I dottori, un po' medici generici e un po' psicologi spioni, hanno il loro bel da fare per tenere a bada la loro voglia di maternità, mentre gli uomini sembrano avulsi da ogni genere di emozione paterna. Emerge palese e, pare, accettato da tutti, lo scambio di coppia.
Il film viaggia lento, sviluppandosi lungo la quotidianità di Russ e Carol, spenti, monocorde e apatici. Per le strade tutti i personaggi si muovono come fossero degli zombie. I rapporti sociali, che non vengono minimamente intaccati dalla nuova legge, sono comunque ridotti al minimo. È come se l'assenza di bambini veri abbia ucciso la vitalità di tutte le persone e nonostante l'inquietudine dei personaggi (almeno quelli femminili) cresca in ogni momento, il ritmo del film pare non giovarne affatto.
A un tratto, però, il film prende quota, proprio nel momento in cui i protagonisti e i loro amici (un'altra coppia) sono costretti a interagire pesantemente facendo leva proprio su quei rapporti umani fino a quel momento relegati a puro optional. Gli animi si accendono e si esasperano. Tutto viene portato all'estremo e calpestato.
Uno strano film, insomma. Badget minimo ma ben utilizzato. Ottime le interpretazioni (se è quello che voleva il regista, quest'apatia, è perfettamente rappresentata), specialmente quelle femminili. La Chaplin è al di sopra di tutti. Bellissima e bravissima. Peccato per le bambole tenute un po' ai margini della storia.
Un mondo maledetto fatto di bambole di Michael Campus
Gran Bretagna, USA, 1972
con Oliver Reed, Geraldine Chaplin, Diane Cilento.
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giovedì 10 gennaio 2013
batman, il cavaliere oscuro
"Perché Batman è l'eroe che Gotham merita, ma non quello di cui ha bisogno adesso. E quindi gli daremo la caccia. Perché lui può sopportarlo. Perché lui non è un eroe, è un guardiano silenzioso che vigila su Gotham, un Cavaliere Oscuro" (Gordon, Il Cavaliere Oscuro)
"Non penso proprio che il nostro Batman, la nostra Gotham, siano adatti a dei crossover. Mi viene in mente una delle prime cose che abbiamo chiarito quando iniziammo a mettere insieme la storia: è un mondo dove esistono i fumetti? I supereroi, qui, esistono già? Se pensate a Batman Begins e alla filosofia di questo personaggio che cerca di reinventarsi come simbolo - la nostra posizione, sebbene non fosse dichiarata nel film, era che i supereroi semplicemente non esistono" (Christopher Nolan)
Nonostante il personaggio sia nato negli anni trenta del ventesimo secolo, e nonostante la sua fama fosse già planetaria, il vero Batman, quello che riuscì a conquistarsi di diritto una posizione di assoluta originalità, rispetto a tutti gli altri eroi mascherati proposti dagli USA, emerse soltanto negli anni ottanta grazie a una serie di eventi editoriali del fumetto che da una parte incasinarono notevolmente la continuity di tutti i personaggi della DC Comics, ma dall'altra permisero di affidare il personaggio a Frank Miller (tra tutti, il fumetto Sin City e il film The spirit di Will Eisner, oltre ad aver scritto la prima sceneggiatura di RoboCop, poi rovinata dalla macchina Hollywood). Miller attua una vera e propria rivoluzione nel personaggio e nella sua filosofia, con Anno Uno e Il ritorno del Cavaliere Oscuro, riscrivendo nel primo le origini di Batman e definendo nel secondo la sua filosofia. Da qui in poi, l'uomo pipistrello sarà per tutti il Cavaliere Oscuro, un simbolo forte interpretato da un uomo in grado donare a tutti la convinzione che chiunque possa, anche compiendo piccoli gesti, diventare un eroe. La maschera, resta solo il simbolo.
Da questa grande rivoluzione nacque nel 1989 il Batman di Tim Burton, una favola nera, romantica e poetica, ambientata in un mondo cupo abitato da strani personaggi di pura fantasia. Bellissima favola, ma troppo lontana dalla realtà, come tutte le storie raccontate da Burton, d'altronde. E per di più venne rovinata anni dopo da Joel Schumacher con il suo ridicolo Batman Forever interpretato da un irritante Val Kilmer.
Dopo questo pessimo film, seguito dall'incredibile flop Batman & Robin (che da soli hanno oscurato i bellissimi Ragazzi perduti, Linea Mortale, Un giorno di ordinaria follia e il Cliente dello stesso regista), Schumacher non contento dei danni incredibili causati all'intera umanità, si ripropone anche per un sequel che fortunatamente non vedrà mai la luce, con un titolo che ha dell'incredibile: Batman Triumphant.
Ma Miller aveva seminato bene, e pian piano nascevano progetti legati al suo "oscuro eroe". Da più parti avanzavano proposte di progetti più o meno ispirati alla rivoluzione milleriana, compreso il solito Schumacher (ce l'ho con lui!) che propose di tradurre nel cinema l'Anno Uno del fumetto (chissà quale scempio!). Fortunatamente la DC e la Warner Bros, ancora sconvolti per la cocente sconfitta di Batman & Robin, optarono per un reboot totale della serie. Avevano talmente sbagliato che fu necessario riscrivere tutto dall'inizio. Ottima scelta.
Venne così scritturato Christopher Nolan (Memento, Inception, Insomnia, The prestige), regista di grande talento che aveva un'idea chiarissima sul lavoro che avrebbe voluto svolgere: voleva una storia più realistica.
Decise di rifarsi alle storie a fumetti che meglio avevano ricostruito la genesi del personaggio Batman e le lotte interiori dell'uomo Bruce Wayne. Decise di introdurre l'elemento paura dei pipistrelli che ancora non era stata presa in esame. Di centrare tutto il film sul tema "paura". Di giocare sul doppio ruolo Batman/Wayne. Di puntare tutto sul simbolismo e trasformarlo in una maschera a protezione delle persone care. Quindi decise di creare il personaggio Rachel Dawes (interpretata prima da Katie Holmes e poi da Maggie Gyllenhaal) e proporre i criminali che non erano ancora apparsi sul grande schermo, come Spaventapasseri e Ra's al Ghul, quest'ultimo mentore e maestro del giovane Bruce Wayne. Voleva un eroe più vicino ai Ninja, capace di confondersi con le ombre e di muovercisi veloce e silenzioso.
Nel 2005 esce, finalmente, Batman begins. Senza Robin, senza capacità da super eroe, se non quella di combattere corpo a corpo fino all'esaurimento delle proprie forze.
Il Cavaliere Oscuro era (ri)nato e ora Nolan doveva dargli spessore. Per aiutarlo gli si affiancò suo fratello Jonathan, sceneggiatore con cui collaborava di solito. Ancora una volta venne accantonata l'idea di inserire nella storia Robin e la strada da seguire era sempre quella di una trama più realistica.
Finalmente arriva Joker, annunciato non proprio velatamente nel primo capitolo, e la performance di Heath Ledger è di quelle che non si scorderanno tanto facilmente. In tutta onestà si parlò quasi negli stessi termini dell'interpretazione di Jack Nicholson nell'89 (per questo motivo pare che Nicholson non la prese bene quando Nolan non lo interpellò per questo film), ma quest'ultimo Joker è sicuramente superiore a quello visto nel Batman di Burton. Questo Joker sta a Batman, come Batman sta a Gotham. Se Batman è l'eroe che Gotham merita, il Joker creato da Nolan e interpretato da Ledger è la nemesi che Batman merita per diventare il Cavaliere Oscuro di cui Gotham ha bisogno. E' Joker, infatti, a sferrare l'attacco più concreto, a mostrarci tutte le nostre colpe e farci constatare quanto sia fragile il sistema che tiene in piedi il mondo. Ed è sempre Joker a creare Due Facce, altro super cattivo e super incazzato emerso nientemeno che dalla personalità, un tempo candida ma ormai violentata, del procuratore distrettuale Harvey Dent, interpretato dal credibilissimo Aaron Eckhart.
Nel 2008, dunque, esce Il Cavaliere Oscuro, e ci racconta di un Batman pronto a mentire e addossarsi colpe infamanti che in realtà non ha, pur di donarci un eroe di cui abbiamo realmente bisogno.
Tutto questo per arrivare a una conclusione logica, con un finale davvero molto bello.
Otto anni dopo gli avvenimenti che hanno coinvolto Joker e Harvey Dent, Batman è scomparso e la polizia lo considera un criminale pericolosissimo. James Gordon, divenuto ormai commissario, è l'unico a custodire la verità su Due Facce e su Batman, ma visto il risultato ottenuto dal decreto Dent (Gotham è ormai, almeno all'apparenza, una città priva di criminalità), decide di tacere. Dent si era trasformato in un criminale ma nessuno deve saperlo perché l'equilibrio conquistato possa continuare a esistere.
Ma il mondo non ha un equilibrio così netto e l'uomo, per natura, ha bisogno di caos. E' così che fa la sua apparizione Selina Kyle, la gatta ladra (che mai viene nominata Catwoman), una sorta di Robin Wood che prende ai ricchi per dare a se stessa e, al massimo, ai suoi protetti, interpretata da una brava e sexy Anne Hathaway. Sarà la bellissima gatta a risvegliare Bruce Wayne dall'apatia in cui sta lentamente marcendo. Il ricco playboy, ormai, è solo l'ombra di sé stesso. Le dure lotte in cui è stato coinvolto nei panni dell'uomo pipistrello, lo hanno ridotto a un involucro pieno di ammaccature e anche il suo spirito pare averne risentito. Tuttavia è pronto ancora una volta a difendere la propria città con ogni mezzo che ha a disposizione, quando capisce che dal passato è tornato un fantasma pericoloso. Un nemico immortale. L'erede di Ra's al Ghul. La setta delle Ombre.
Era praticamente impossibile raggiungere il livello del secondo capitolo e probabilmente questo non è avvenuto, ma la forza della trilogia di Nolan sta proprio nella sobrietà dell'opera, nel non tentare di esagerare e nel perseguire una strada e una sola, senza ripensamenti, dove l'unico vero eroe e Batman, senza comprimari mascherati, e dove lo stesso Batman spiega a più riprese che l'unica cosa che conta davvero è la maschera, il simbolo.
Come aveva promesso dunque, Robin non ha fatto la sua apparizione, perché questo Batman non ne ha bisogno, ma ha sapientemente preparato il terreno a una sua eventuale e futura comparsa. La stessa Catwoman, pur presente nell'ultimo capitolo, come già detto, non viene mai citata espressamente. Ora attendiamo gli Schumacher di turno e le loro brutture...
I tre film sono disponibili in DVD.
Batman Begins di Christopher Nolan
USA, 2005
con Christian Bale, Liam Neeson, Michael Caine, Katie Holmes, Gary Oldman, Morgan Freeman
Il Cavaliere Oscuro di Christopher Nolan
USA, 2008
con Christian Bale, Heath Ledger, Aaron Eckhart, Michael Caine, Maggie Gyllenhaal, Gary Oldman, Morgan Freeman, Cillian Murphy
Il Cavaliere Oscuro - il ritorno di Christopher Nolan
USA, 2012
con Christian Bale, Anne Hathaway, Marion Cotillard, Joseph Gordon-Levitt, Tom Hardy, Michael Caine, Gary Oldman, Morgan Freeman, Cillian Murphy
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