Quando vidi Hostel la prima volta, rimasi veramente impressionato dallo sforzo di Eli Roth nel far sembrare tutto estremamente vero. Ho pensato tanto a una persona a me vicina che quasi vent'anni fa venne raggirata da una donna e poi tenuta segregata in stato di schiavitù con altri uomini nel nord italia. I giornali diedero ampio spazio alla vicenda. Queste cose accadono eccome. Ma in quel caso non c'era dietro un'organizzazione di assassini, quindi trovato il modo di fuggire e di far saltare fuori la storia, tutto si ridusse in una brutta e reale disavventura.
Nelle intenzioni di Roth, invece, le vicende raccontate in Hostel dovevano in qualche modo superare ogni più terrificante realtà così ha costruito una gabbia di terrore dal quale era impossibile fuggire: dei ricchi annoiati in cerca di nuove emozioni pagano somme incredibili per poter sfogare ogni fantasia violenta in un luogo in cui nessuno può vederli né giudicarli. Alcuni inconsapevoli e giovani ragazzi nel classicissimo viaggio in Europa alla ricerca di bellissime e facili ragazze, invece, diventano oggetto di costosissime aste.
La trama mi ha tenuto inchiodato alla sedia sin dalle prime battute e alcune scene sono davvero magistrali. La mia delusione nasce quando mi accorgo che la fuga è premeditata e forzata (dal produttore, dal regista, dal pubblico amiricano...). È sempre la stessa storia, non è quello che dici, il problema, ma come lo dici. Qualcuno mi spieghi perchè uno che ha tanto culo per evadere da un luogo come quello, sentendo l'urlo di una sconosciuta (i suoi amici sono stati trucidati da tempo!), decide di tornare indietro (all'interno!) per salvare pure lei. Perché? E come mai incontra il suo carnefice nello stesso treno che lo sta riportando a casa?
Quando ho visto il secondo capitolo ho come riavvolto la cassetta delle sensazioni per non lasciarmi influenzare dai miei stessi pensieri. Ancora una volta la pellicola mi chiede fiducia perchè la storia è verosimile. Non ho mai preteso di credere che la trama di un film fosse vera e non c'è bisogno che alla fine ci sia scitto "le vicende e i personaggi raccontati in questo film sono di pura fantasia", oppure, "È una storia vera!", quello che conta è come imposti la narrazione e in questo caso la richiesta esplicita è di far finta che sia tutto vero.
Nel secondo capitolo, se è possibile, invece è ancora peggio: un cliente incontra una vittima durante una festa. Non la incontra per caso, è li con un binoccolo che la osserva da lontano e poi decide pure di parlarci. La cosa incredibile è che la vittima non è stata ancora presa dall'organizzazione ed essendo una persona libera l'affare del cliente può saltare in qualunque momento. Questo non avviene, certo, l'intreccio si basa proprio su questo passaggio (incredibile ma vero), perché durante la festa qualcuno ci fa sapere che la vittima è talmente ricca che "volendo" (causa di forza maggiore? ah si?) potrebbe acquistare tutta la nazione. Alla fine anche lei, come il protagonista della prima pellicola, riesce a liberarsi per una serie di casi fortuiti. Ma questa volta pare davvero impossibile evadere e scappare via (figuriamoci rientrare per salvare una sconosciuta) così la soluzione è semplice: causa di forza maggiore paga la propria libertà!
Ora, non per dire, ma il cliente aveva un contratto solido, non ci si può sbarazzare di lui in questo modo...
Nonostante tutto restano due belle pellicole da vedere e rivedere per mille motivi. La presenza di Edwige Fenech è un tuffo nel cuore che non ha prezzo.
Completamente diverso, invece, è il discorso per Grindhouse del magnifico duo Tarantino - Rodriguez. In questo caso la richiesta è totalmente opposta, visto che ti si chiede di dimenticare tutti gli affanni della realtà per essere catapultato in un mondo del tutto privo di senso.
Quentin Tarantino è il padrino nonchè produttore dei due Hostel. La presenza della sempre affascinante Fenech nel film di Roth è dovuta allo stesso Tarantino (presumo), della quale è un fan maniacale. Questo spiega perché Eli Roth abbia poi girato un fake trailer per Grindhouse.
Partiamo dall'inizio: Grindhouse era il nome che in america davano a certi cinema che proiettavano tutti quei bellissimi filmacci degli anni '70 (compresi gli spaghetti western italiani). Non era insolito che gli spettacoli fossero doppi (un film dietro l'altro) e tra uno spettaccolo e l'altro proiettavano anche i trailers di altri splendidi filmacci. Tarantino ebbe l'idea di creare con Rodriguez (tra l'altro ho rivalutato la trilogia Spy Kids che il regista ha creato per i suoi figli) un doppio spettaccolo che riportasse alla mente certe atmosfere. Ma perchè tutto fosse perfetto servivano i trailers (in questo caso finti trailers), così nascono A prova di Morte e Planet Terror conditi da alcuni spettaccolari fake trailers (pare che quello dedicato a Machete un giorno diventerà un film vero e proprio! Piccola curiosità: Machete è interpretato da Danny Trejo il quale nella trilogia Spy Kids interpreta Isidoro Cortez detto "Machete", il vero zio dei bambini).
La verità, tutta la verità. In questo caso il reale lascia spazio al puro spettacolo e in Grindhouse tutto è spettacolare, anche se Tarantino pare avere il braccino corto questa volta. A prova di morte è un pulp come lo intendiamo noi oggi e per il fatto che conosciamo il vecchio Quentin. In realtà il suo filmaccio è un film d'exploitation, dove non si da alcuna attenzione alla qualità ma si bada solo al guadagno immediato utilizzando solitamente poster che di gran lunga superano in bellezza le stesse pellicole. Da questo punto di vista l'episodio con Kurt Russell (splendido nei panni di Stuntman Mike) è un vero gioiello pregno di devota gratitudine per chi in quegli anni ha creato questo genere: l'audio che salta, la pellicola logora e tagliata qua e la saltando da una scena a l'altra sono alla base.
Bellissima la prima parte fino a quando Stuntman Mike viene allo scoperto, poi è tutto un inseguimento con macchine superveloci che nonostante tutti gli urti continuano anche solo ad accendersi. E poi tanta, tanta incredibile violenza.
Arriviamo dunque a quello che per me è un vero capolavoro. Planet Terror è assolutamente inarrivabile. Anche questa pellicola rientra sicuramente in quel genere che i due registi volevano omaggiare anche se tecnicamente ci sono poche sporcature (sicuramente meno che in A prova di morte). Questo film è tutto un omaggio: ho gia detto di Machete, ma quello che più mi ha ingolosito sono gli zombie che arrivano dritti dai film di Umberto Lenzi (Incubo sulla città contaminata). Pare che inizialmente Rodriguez avesse in mente di utilizzare dei veri e propri zombie ma poi un giorno ha incontrato il maestro toscano che gli ha spiegato serenamente che i suoi non erano morti viventi ma persone contaggiate da un virus. R.R. deve aver pensato di essere un idiota a non averci pensato prima così ha girato alcune delle scene migliori in questo senso, con Bruce Willis e lo stesso Tarantino contaminati così tanto da poter sopravivere soltanto continuando a inalare il gas-virus chiamato DC-2.
Da un'altra parte della città El Wray (Freddy Rodriguez, il becchino estetista di Six Feet Under. Non ho ancora capito se sia imparentato con il regista Rodriguez!) incontra, dopo essere sparito per tanto tempo, la sua ex Cherry Darling (Rose McGowan già vista in Doom Generation e in Scream e famosa per aver sostituito Shannen Doherty in Streghe) e dopo un primo approccio freddino e rancoroso tra i due scatta ancora una volta una scintilla che li porta a lottare fino alla morte per poter sopravivere.
Assolutamente privo di senso ma splendidamente a tinte forti, è un film che non si può perdere!
Da segnalare la presenza del leggendario (per me) Josh Brolin (I Goonies, I ragazzi della prateria, Mimic, L'uomo senza ombra, American Gangster, Non è un paese per vecchi) nella parte dell'ambiguo dottor Block e del mitico Tom Savini (tuttofare nel mondo del cinema ma indimenticabile creatore di effetti speciali) nella parte dello sfigato e non tanto sveglio vicesceriffo Tolo.
In due parole quattro bei film da guardare mangiando popcorn sui quali si può stare a discutere parecchio.
di Eli Roth
di Eli Roth
di Quentin Tarantino
di Robert Rodriguez
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